Kant: i nuovi compiti del pensiero
Il problema della conoscenza
nella Critica della ragion pura.
Kant come filosofo rappresenta uno dei massimi
esponenti del pensiero occidentale.
La sua figura riveste un ruolo particolare, nel mondo
filosofico, a dispetto del fatto di aver trascorso una vita apparentemente
monotona, infatti, come uomo ebbe un comportamento molto ripetitivo nelle sue
abitudini, le sue giornate e i suoi impegni erano scanditi da una puntualità ed
una regolarità che raramente si riscontrano nell’essere umano, non viaggiò mai,
ma il suo pensiero invece, arrivò a capovolgere i rapporti tra soggetto ed
oggetto, nell’ambito del processo conoscitivo.
Della sua produzione si distinguono due fasi:
1. la fase precritica che risale
ad un periodo anteriore alla pubblicazione delle sue tre opere principali,
2. la fase del criticismo.
Nella fase precritica, Kant analizza i testi dei
razionalisti e degli empiristi nutrendo i primi dubbi sulla validità della metafisica,
fino a giudicare quest'ultima come illusoria, in quanto non poteva fondare i
suoi oggetti (Dio, anima, ordine del mondo) sulla esperienza.
Kant cominciò a nutrire i primi dubbi sulla validità
della metafisica, ovvero su che valore assegnare all’indagine di Dio, anima e
mondo, grazie alla lettura di Hume, e la giudicò non meno illusoria dei sogni
di un visionario, in quanto reputò che la metafisica non potesse affondare i
suoi principali oggetti di studio in base all’ esperienza, e quindi la ritenne fonte
di oscurità e contraddizioni.
Kant si oppose sia al razionalismo che all'empirismo
ed infatti elaborò una nuova filosofia quando entrò nella sua seconda fase,
quella del criticismo.
In questa fase Kant attraverso “la critica della
ragion pura”, si propone di analizzare le possibilità conoscitive dell'uomo
rispetto alle idee filosofiche e teologiche portate avanti dalla metafisica, e
per fare questo utilizza la metafora “del tribunale della ragione”
la quale deve tutelare la ragione nelle sue giuste pretese, eliminando quelle
prive di fondamento.
Quindi troviamo la ragione che contemporaneamente è
giudice e imputato, e l'unica garanzia che ci rimane affinché il processo possa
considerarsi equo, deriverà dal fatto che la ragione non dovrà procedere in
modo arbitrario, ma dovrà rispettare le leggi eterne immutabili inscritte nella
sua stessa natura.
E qui si arriva ad una delle domande dell'analisi kantiana:
è possibile una metafisica
come scienza?
Per rispondere a questa domanda Kant analizza i
fondamenti e i principi della matematica e della fisica i cosiddetti giudizi,
costituiti da un soggetto e un predicato attraverso i quali si costruisce tutto
il sapere.
I giudizi si distinguono in tre tipologie:
· i giudizi analitici
· i giudizi sintetici a
posteriori
· i giudizi sintetici a priori
Nei giudizi analitici il predicato esplicita solo il
contenuto del soggetto ed essi possiedono universalità e necessità, ma non, accrescono
sempre il sapere.
I giudizi sintetici a posteriori hanno il predicato
che aggiunge novità al soggetto, essi accrescono il sapere, ma sono particolari
e contingenti
I giudizi sintetici a priori accrescono il sapere e
sono dotati di universalità e necessità, poiché dipendono dall'esperienza.
L'attenzione di Kant si concentra proprio su
quest'ultima tipologia di giudizi, infatti, la matematica e le scienze possono
definirsi realmente conoscenze valide, proficue, proprio perché utilizzano
giudizi sintetici a priori.
Nei giudizi sintetici a priori possiamo distinguere
· l'aspetto materiale
· l'aspetto formale
Nel primo rileviamo le impressioni sensibili che il
soggetto riceve passivamente dall'esperienza, e quindi a posteriori, nel
secondo troviamo le modalità con cui la mente ordina attivamente le impressioni
e quindi troviamo le forme a priori.
Saranno proprio le forme a priori che garantiranno la
validità della scienza e saranno proprio queste a rappresentare la modalità
universale necessaria con cui tutti gli uomini arriveranno a percepire e a
conoscere la realtà.
Pertanto, se fino a questo momento si riteneva che
fosse la mente a doversi adeguare alla realtà ricevendo passivamente i dati
dell'esperienza, ora Kant sostiene che è la realtà che nell'atto conoscitivo si
deve adeguare alle facoltà umane, e proprio questo pensiero ovvero il
ribaltamento dei rapporti tra soggetto e oggetto viene definito in filosofia
come una rivoluzione analoga a quella che Copernico aveva effettuato
nell'ambito dell'astronomia la cosiddetta rivoluzione copernicana.
La conseguenza della rivoluzione copernicana applicata
alla filosofia è quella di dover spostare l'attenzione sugli elementi
soggettivi a priori che rendono possibile la conoscenza degli oggetti; quindi,
la conoscenza non si deve occupare degli oggetti in sé, quanto del nostro modo
di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo deve essere possibile a
priori, e Kant applica Il termine trascendentale a questo concetto.
Quindi, trascendentale è la filosofia
che si occupa dello studio dei presupposti gnoseologici della realtà ovvero del
nostro modo di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo dev’essere
possibile a priori. Non è la mente a doversi adeguare alla realtà, ma la realtà
a doversi adeguare alle modalità conoscitive del soggetto.
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